«Patria», di Fernando Aramburu

Ho letto recentemente il libro “Patria” di Fernando Aramburu, anzi, l’ho audioletto, su Audible. Devo confessare subito che dalla metà del libro in poi ho un po’ “barato”, magari mi sono un po’ addormentato ascoltando alcuni capitoli… Ma a un certo punto non potevo semplicemente abbandonarlo e non potevo neanche trovare tempo in cui dedicare il 100% della mia attenzione a un libro che, se devo descriverlo con una parola, è “noioso”. E allora perché non hai smesso di leggerlo?  È di questo che voglio parlare.

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Sarò sincero: uno dei motivi per cui ho finito questo libro è perché a un certo punto ne avevo letto davvero troppo per mollarlo. E perché in fondo in fondo ho trovato qualcosa di piacevole in questo romanzone del genere “vediamo crescere l’erba insieme”.

Il contesto e la trama

L’argomento del libro si capisce praticamente subito. Paesi Baschi, due famiglie, in una di loro il padre è stato ucciso dalla banda terroristica ETA, nell’altra il figlio più grande è stato arrestato invece per appartenenza alla banda e sconta una lunga pena in un carcere del sud della Spagna. Le famiglie erano in passato molto amiche, gli uomini giocavano insieme a carte nello stesso bar e uscivano in bicicletta con lo stesso gruppo di amici; le donne si vedevano per far merenda in qualche caffetteria del paese o di San Sebastián, la città più vicina. Ma il rapporto si rompe nel momento in cui l’ETA punta il dito contro “El Txato”, un imprenditore accusato di non collaborare abbastanza con l’organizzazione. Dal momento della prima scritta sui muri della sua azienda, “El Txato” diventa un morto che cammina e tutti si allontanano da lui per non essere accusati degli stessi “crimini”. Durante tutto il libro serpeggia anche la sensazione del coinvolgimento nella vicenda di Joxe Mari, il figlio che poi sarà arrestato.

Questa è la cornice in cui si iscrive la storia di “Patria”. La trama invece sono soprattutto le vite delle persone che compongono queste due famiglie, soprattutto delle due donne, Bittori, moglie del “Txato”, e Miren, moglie di Joxian e madre di Joxe Mari.

I salti nel tempo e lo stile

Il libro è scritto in forma di brevi capitoli che trattano singole storie che si intrecciano poi per creare la storia centrale. Non sono lineari nel tempo e questo non sempre è gestito bene, ci sono stati capitoli in cui ho fatto fatica a capire se la storia che stavo leggendo si collocasse prima o dopo di altre già lette. Penso che questa sia una tecnica che possa funzionare meglio in altre condizioni, o con meno capitoli (sono più di 120), o con una maggior cura nel chiarire il momento della storia in cui ci troviamo. È ovvio che nessuno vuole un libro didascalico in cui ti dicano “questo succede prima di questo ma dopo quell’altra cosa“, ma la bravura di uno scrittore sta anche nel rendere intelligibile l’ordine del romanzo che scrive, anzi, è proprio una delle basi tecniche.

Parlare dello stile di “Patria” è complicato. Sia chiaro che io l’ho letto in spagnolo, quindi posso giudicare senza filtri. Inizierò dai pregi, che ci sono, perché come accennavo sopra, non è un libro a cui proprio darei uno zero come voto ma ho avuto spesso la sensazione che sia mancato dietro allo scrittore un bel lavoro in fase di editing, è mancato forse un editore coraggioso che facesse capire all’autore che c’erano delle cose che andavano fatte diversamente.

Secondo me la parte più bella del libro è aver saputo rendere in uno stile arido, secco e quasi contadino la natura di quello che abbiamo in mente quando pensiamo al modo di essere dei baschi. Penso che se avessi letto alcuni passaggi senza sapere a quale libro appartenessero sarei stato in grado di trovare la regione di origine dei personaggi o dei paesaggi. Questa era una delle aspettative che non sono state deluse: è un libro sui baschi scritto da un basco in cui si sentono i Paesi Baschi al cento per cento. E non mi riferisco ovviamente alle variazioni regionali o all’uso dell’euskera da parte dei personaggi, parlo delle ambientazioni, delle luci, dei modi di fare, delle azioni. Questo è sicuramente quello che mi ha fatto andare avanti, il voler conoscere meglio una regione spagnola con una storia importantissima soprattutto dalla fine dell’Ottocento in poi.

Non ho gradito invece, ma questo è forse un mio limite, le eccessive descrizioni, l’esplicitazione di momenti intimi o di particolari scabrosi. Ma soprattutto ho trovato fuori luogo alcuni momenti in cui l’autore, nell’allontanarsi volutamente dalla semplicità del suo modo di raccontare, cadeva in figure letterarie esagerate, immagini mal riuscite o complicazioni eccessive. Il più delle volte nei capitoli dedicati alle figlie delle coppie, di cui vengono trattati praticamente gli argomenti “femminili”: amori, delusioni sentimentali, eccetera… Da questo punto di vista c’è un contrasto molto forte fra i personaggi delle due mamme, rocce appuntite e molto spigolose, e le loro figlie, che nonostante siano oltre la trentina d’anni vengono sempre trattate come post-adolescenti la cui raison d’être sono solo gli uomini a cui si legano. È un salto generazionale che nonostante le seicento pagine del libro non viene trattato nella profondità che avrebbe meritato.

I personaggi e il conflitto politico Spagna – Paesi Baschi

In queste ultime righe ho già iniziato a parlare dei personaggi, che sono il vero motore del libro. Come accennavo nel paragrafo precedente, c’è una distanza abissale fra i personaggi delle due donne, la cui storia è la vera trama del romanzo, e gli altri personaggi, che cadono continuamente in alcuni stereotipi non solo di genere ma anche politici, perché quello che mi è dispiaciuto di più alla fine del libro è aver trovato un conflitto basco estremamente complesso ridotto a un manicheo “vittime – buoni” contro “terroristi e filo-ETA – cattivi”.

Al di là delle donne, abbiamo “el Txato”, un marito e un padre caparbio e onesto che decide di non cedere al ricatto dei terroristi, in parte perché lo sottovaluta ma in parte anche perché non vuole abbandonare quello che ha costruito da zero, la sua azienda. Dall’altra parte abbiamo Joxian, uomo codardo, di una sensibilità che finisce quasi sempre in un piagnucolio più o meno nascosto, incapace di prendere le redini della sua famiglia, in mano a sua moglie Miren. “El Txato” è un imprenditore, un uomo che si è fatto da solo, generoso con i suoi lavoratori e con i propri figli, mentre Joxian lavora in una fonderia e dedica il resto del suo tempo a un orto che se è sopravvissuto alle inondazioni è solo grazie ai soldi e alla carità del “Txato”.

Anche i figli sono parecchio stereotipati. Oltre il discorso fatto per le ragazze, Joxe Mari è quello che finisce nell’ETA per assenza di senso critico, perché poco intelligente; dall’altro c’è suo fratello Gorka, colto, sensibile e omosessuale, quasi come se l’autore avesse dovuto giustificare ulteriormente le differenze fra entrambi. Uno dei pochi personaggi che scappa invece a queste categorie è il figlio di Bittori, Xabier, un medico di mezza età malinconico e single, forse il nesso fra la serietà della generazione dei genitori e la semplicità di quella dei figli.

Quello che manca invece completamente nel libro sono i personaggi complessi, i terroristi colti, le vittime vendicative nei confronti delle famiglie dei terroristi, qualche personaggio che collegasse l’origine dell’ETA sotto il dittatore Franco agli ultimi giorni della banda. È ovvio che ogni scrittore e autore è padrone delle proprie scelte e che ognuno scrive quello che vuole e non ha l’obbligo di essere enciclopedico, ma proprio questa scelta incide troppo per non considerare “Patria” un romanzo che non parla di un conflitto ma di una vittima, Bittori, e di una donna, Miren, che senza essere l’autrice materiale dell’omicidio si rende paradigma della crudeltà dei terroristi.

In definitiva, un libro che, al di là di uno stile estremamente asciutto e telegrafico non è un libro che parla di un conflitto, ma delle vittime di esso. Se viene venduto come storia “bipartisan” è solo perché conviene a chi detiene in questo momento la narrativa del conflitto, ovvero allo Stato vincente.